TESTO DI EMIDIO DE ALBENTIIS


Mostra "Momenti" - 1992 - Palazzo Comunale – Spoleto


Uno dei significati forse più profondi riscontrabili nell'esperienza artistica della contemporaneità è la tensione verso la meta suprema della libertà creativa ed intellettuale, potenzialmente comunicabile a ciascun fruitore mediante il transfert veicolato della presenza dell'opera, esito tangibile del concreto agire dell'artista.
In tempi non troppo lontani ma fortunatamente trascorsi si è spesso additato sprezzantemente come borghese e decadente il tentativo comune a molti artisti di coltivare un'autonomia ricerca estetica e spirituale, in apparenza non coincidente con i problemi più immediati e contingenti della vita sociale: credo invece che sia conquista finalmente duratura e preziosa - dovuta in buona parte proprio al variegato caleidoscopio delle arti visive novecentesche - che non possa esistere alcuna autentica liberazione collettiva che non passi attraverso l'approdo consapevole alla libertà da parte di ciascuna coscienza individuale, valore sociale fondante e tutt'altro che decadente di un mondo che vorremmo ogni giorno più vivibile. L'arte ha oggi forse ancora un senso - laddove essa è in grado di indicare questa potenzialità demiurgica e creatrice insita in ciascuno di noi: ciò non vuol dire, beninteso, che tutti siamo artisti, ma soltanto che il contatto con un mondo di forme create con le modalità e i linguaggi più disparati e talvolta (ma non poi così spesso) lontanissimi dalla quotidianità, ci consente di riscoprire - magari anche solo intuitivamente e per brevi ma preziosissimi istanti - l'energia vitale, idealmente comune a tutti, racchiusa nell'atto del creare. La oramai quasi quarantennale fedeltà all'arte dello spoletino Fausto Bronchi costituisce un'eccellente esemplificazione di quanto appena affermato: questa mostra allestita nei locali del Palazzo del Comune della sua città natale consente anzi di cogliere la poliedrici dei suoi interessi estetico-formali con ancora maggiore compiutezza rispetto a quanto è già emerso nel ricco curriculum precedente delle esposizioni dell'artista. In questa occasione, infatti, Bronchi non presenta solo quel filone di opere di derivazione informale che gli permisero le prime affermazioni fin dai tardi anni Cinquanta, quando abbracciò giovanissimo la via dell'arte nel solco dell'assai stimolante clima spoletino di quel periodo. Anche se quell'esperienza è comunque rimasta fondamentale per penetrare, come vedremo fra breve, nelle coordinate espressive essenziali perseguite dall'artista, è come se Fausto Bronchi avesse voluto appositamente aprire per questa mostra - che cade in un momento per lui particolarmente gravido di importanti scelte esistenziali per il futuro - una sorta di vero e proprio scrigno contenente i suoi numerosi e meno noti appunti di viaggio, quei "momenti" che danno il titolo all'esposizione. Nelle sale si dipanano quindi le variegate tappe del lavoro di questi ultimi otto anni, in un percorso in cui i quadri plastici, sculture polimateriche e dipinti aniconici di quella matrice informale sentita da Bronchi come vero e proprio linguaggio primigenio si alternano a non meno preziosi paesaggi ideali, disegni e ritratti femminili di tono più raccolto e intimista. Ad un primo approccio tale ampia gamma creativa potrebbe addirittura ingenerare sconcerto ma, in realtà, per almeno un doppio ordine di motivi, è possibile ritrovare un coerente filo ispiratore: da un lato i diversi registri riflettono proprio il carattere magmatico e composito che Bronchi sente inscindibile dal fluire incessante della vita, sua come di ciascuno di noi, dall'altro questa poliedricità linguistica è propria, a ben guardare, anche della sua produzione di matrice informale. Si osservino, ad esempio, i quadri plastici di questa mostra: la ricerca formale più profonda & egrave; nella dialettica tra i nuclei fortemente espressivi carichi di energia e di materia viva (dotati di straordinarie capacità di far scintillare la luce. catturata sovente anche grazie a materiali poveri e comuni come tra gli altri la stagnola e la gommapiuma) e l'impaginazione di questi nuclei entro ampie zone di colore uniforme, prevalentemente scuro, in grado quasi di imbrogliare la forte carica vitale degli inserti materici. La poetica di Bronchi si esprime quindi attraverso una sorta di linguaggio duplice, teso a un tempo a ricercare valori classici quali l'armonia e l'equilibrio insieme al bisogno di esprimere la dissonanza e lo squilibrio derivanti in prima linea dalla vita stessa e dai suoi infiniti "momenti": in altri termini, laddove si coglie nell'opera di questo artista un'esigenza di armonia essa appare figlia del caos, laddove c'è il caos esso presuppone il legame magmatico con l'esistenza, anelante, inscindibilmente, all'armonia. Se quanto detto fin qui ci coglie effettivamente nel segno, questa mostra di Fausto Bronchi, significativamente dedicata a suo padre, si rivelerà capace di suggerire, con la forza ma al tempo stesso anche con la discrezione propria del linguaggio visivo, quel processo liberatorio, forse parziale ma non per questo meno importante, insito - come si diceva in apertura di presentazione - in ogni ricerca artistica che, come questa, sia davvero espressione di autentico sentire.